Diritti SESSISMO

LA SESSUOFOBIA (E MISOGINIA) CHE HA UCCISO TIZIANA

Sulla vicenda di Tiziana, la donna di 31 anni che si è tolta la vita due giorni fa perché non tollerava più la gogna a cui era esposta da due anni, ossia da quando aveva iniziato a circolare in rete e a diventare virale un video con delle scene di sesso, è stato scritto molto, soprattutto nel tentativo di individuare il “colpevole”. Il dito è puntato nell’ordine: 1) contro il “web”, soggetto anonimo e liquido per eccellenza, colpevole di aver fatto diventare virale un video che doveva rimanere privato; 2) contro l’ingenuità di Tiziana, che non avrebbe dovuto fidarsi del suo partner; 3) contro quest’ultimo, colpevole di aver tradito la fiducia di Tiziana (elemento che, ovviamente, sul piano penale è quello più rilevante). Solo raramente è stato individuato quello che invece dovrebbe essere il bersaglio principale.

Perché Tiziana si è suicidata per la vergogna e il linciaggio morale a cui persone in carne ed ossa – dietro lo scudo virtuale del web – l’avevano sottoposta. La sua colpa? Aver fatto del sesso in maniera libera e disinibita. Addirittura aver goduto. E questo a una donna non è ancora concesso, soprattutto non è pubblicamente concesso. Tiziana non è stata uccisa dal web – facile capro espiatorio del terzo millennio – ma dalla cultura misogina a sessuofoba che ancora impregna fin nelle viscere la nostra società, per cui il sesso in generale, e certe pratiche sessuali in particolare – diffusissime e fonte di godimento per molte e per molti – sono ancora considerate “sporche”, da tenere chiuse nella camera da letto, da fare quasi di nascosto, senza parlarne. Si fa ma non si dice. Divieto che vale solo per le donne, s’intende. Lo stereotipo che vuole l’uomo cacciatore (e dunque quante più prede ha, meglio è) e la donna docile preda è purtroppo ancora oggi, nel 2016, talmente forte, da riuscire a devastare la vita di una donna.

La storia di Tiziana ci dice che abbiamo un disperato bisogno di una educazione sessuale libera da pregiudizi, radicalmente disinibita, che inizi a fornire alle bambine e ai bambini, fin da piccoli, gli strumenti per una sessualità libera e consapevole. Un’educazione sessuale grazie alla quale si arrivi a 31 anni potendo, uomini e donne, soddisfare i propri desideri sessuali senza il minimo senso di colpa e di vergogna. Se Tiziana e tutti quelli della sua, della mia generazione, fossero cresciuti con un diverso rapporto con il sesso, con l’idea che fra adulti consenzienti tutto è lecito, che il godimento sessuale – maschile e femminile – non è una colpa, probabilmente quel video, per un verso, non sarebbe neanche diventato “virale” perché vedere una donna che gode mentre fa sesso non avrebbe suscitato nessuno scandalo, per l’altro, anche se fosse circolato, non avrebbe arrecato alla sua protagonista quel fardello di dolore e umiliazione che l’ha portata al suicidio. Al massimo le avrebbe provocato un po’ di imbarazzo per aver reso pubblico un momento intimo e privato, lo stesso imbarazzo che si può provare se ai colleghi di ufficio arriva un video in cui fai a squarciagola il karaoke per il tuo compleanno. Ma il sesso – e le donne che fanno sesso liberamente in particolare – è ancora un tabù e la valanga di offese che le sono state rivolte ha travolto Tiziana, fino a condurla al suicidio.

Intervenire contro questa cultura misogina e sessuofoba è urgente, perché i tempi del lavoro culturale ed educativo sono tempi lunghi. E se non ci diamo da fare da subito, fra trent’anni saremo ancora qui a piangere un’altra Tiziana.

12 Commenti

  • Avevo fatto la stessa riflessione sul caso di Tiziana e in più penso che la sua famiglia ha contribuito maggiormente al suo suicidio, ancora oggi chiedono una privacy assurda. Nemmeno la musica e film della grande produzione sfuggono alla rete figuriamoci un video amatoriale. La diffusione è inevitabile, cercare un capro espiatorio e una privacy impossibili mi sembra ancora una volta condannare Tiziana.

  • concordo in pieno..ma non una parola contro che cosa e sopratutto CHI..ci ha indotto da millenni a deformare l nostre menti.. da millenni appunto.. ehhhh no perchè poi il “bambino” piange… neanche Te hai il coraggio di un j’accuse

  • secondo me c’e` un po’ di confusione tra vergogna e pudore
    affranchiamoci dal sesso che e` sempre piu` complicato
    ciascuno di noi va in bagno, a fare pipi e pupu, ma tutti noi chiudiamo la porta
    giusto?
    non perche` ci vergogniamo di una cosa naturale e universale, ma perche` investe la sfera privata che -tipicamente- ognuno preferisce che rimanga tale
    ora, se uno vuole che una cosa rimanga privata, perche` fa un video e la manda in giro?
    e al contrario, se uno non vuole che una cosa rimanga privata ma si impegna in primo luogo a diffonderla, perche` poi se ne vergogna?
    qualche contraddizione c’e`….

    • L’esempio della pipi e pupu mi sembra perfetto: se uno viene ripreso mentre è in bagno e quel video inizia a circolare, l’imbarazzo sarà tanto ma non condurrà certamente a una reputazione rovinata e a una vergogna tale da spingere al suicidio. E questo dimostra appunto che a creare quel fardello insopportabile non è la diffusione in sè del video, quanto la “lapidazione” a cui è stata condannata.
      Sull’ultimo punto no, mi spiace, le cose non stanno così: lei aveva approvato che si girasse il video e lo aveva pure fatto circolare, ma fra i suoi contatti, non aveva dato nessun consenso alla diffusione pubblica. Questa fa una gran differenza, la stessa differenza che c’è fra questo mio commento pubblico, su un blog pubblico, e un messaggio che invio privatamente (privatamente può voler dire anche a più persone) per mail o whatsapp.

      • ammetto di non conoscere quasi per nulla la vicenda
        per altro continuo a rimanere basita dallo spazio dedicato dai media italiani ai fatti di cronaca rispetto per esempio a quelli tedeschi…
        pero` continuo a non vedere la malizia
        se io faccio una cosa cosa di cui vado fiera, contenta e orgogliosa, se non me ne vergogno affatto, tanto che la filmo e la diffondo, libera e disinibita… perche` poi invece crollo se a qualcuno questo non piace, lo trova sciocco o ridicolo?
        e perche` dovrei criminalizzare qualcuno perche` ha fatto una satira o una parodia, o una banale presa in giro? non hanno tutti la stessa liberta` di trovare una cosa bella o brutta, creativa o demenziale?

        • Beh, non è detto che io voglia rendere pubblico tutto ciò di cui vado fiera, contenta e orgogliosa. Se al primo giorno di scuola di mio figlio piango a catinelle, peraltro di fronte a decine di genitori – dunque in un contesto decisamente non intimo – e magari faccio anche un video sdolcinato che mando ai nonni spiegando quanto sono emozionata e fiera e contenta, questo non autorizzerebbe nessuno (né gli altri genitori presenti, né i nonni a cui io stessa ho inviato il video) a renderlo pubblico, ossia a metterlo potenzialmente a disposizione di chiunque. Stessa cosa se a una festa “privata” (ma magari con decine di persone) mi ubriaco e mi metto a fare lo streaptease: una cosa che magari mi ha fatto divertire, che magari faccio ios tessa circolare circolare fra i presenti per fare due risate, ma che non voglio diventi di dominio pubblico. I contesti determinano anche il significato dei comportamenti.

          • da quel che ho capito i video sono stati girati volontariamente, pero` non e` chiaro chi li abbia diffusi per primo – e qui se non e` stata lei sono d’accordo con te
            dopo di che pero` i media funzionano cosi`, e proprio per questo vengono paragonati a dei virus, e questo non e` un fatto nuovo
            chi li usa lo sa, e non puo` far finta di non saperlo o di scoprirlo solo quando le cose non vanno come te le aspettavi
            al di la` del fatto che alcune cose siano legalmente perseguibili e altre no
            se sono reato, otterrai anche una sentenza dal tribunale (e mi pare lei l’abbia avuta) ma sara` ormai troppo tardi, e devi essere tu a capire se a quel punto sarai in grado di sostenerne il peso o no
            e non e` vero che succede solo con video piccanti, succede a tantissimi video, piu` o meno sciocchi, di diventare virali

  • ho anche una domanda un po’ provocatoria
    in questa societa` dei media dove tutto scorre fluido e digitale sui fili del web, dove siamo sommersi da immagini, video, testi, che piu` o meno disinvoltamente tagghiamo, postiamo, shariamo, ridistribuiamo (e perdonami gli inglesismi) generalmente senza espicita autorizzazione degli interessati,
    e ammettiamo di essere tutti liberi e disinibiti e aver brillantemente seguito tutti i corsi di educazione sessuale,
    cosa e` sessuofobico:
    forwardare un video a sfondo sessuale con la stessa disinvoltura con cui si forwarda una foto di un evento qualsiasi -proprio perche` nella nostra totale disinibizione pensiamo che sia una cosa naturale
    oppure nasconderlo, criptarlo, cancellarlo e resettare il pc – perche` lo consideriamo invece come un tabu`?

    • Non concordo con queste generalizzazioni: io non ho mai (salvo involontari errori sempre possibili) inoltrato e fatto circolare video/foto/testi privati e come me sono in tanti a usare il web con criterio. Esattamente come tutti gli strumenti di cui disponiamo c’è chi li usa con consapevolezza e chi no. Non c’è dubbio che avremmo bisogno di maggiore “educazione digitale”, che spesso non conosciamo le conseguenze di alcuni nostri atti apparentemente banali e non sappiamo esattamente dove e come vengono utilizzati i nostri dati, ma questo non ha a che fare con l’uso disivolto che taluni fanno del web. Se venissi in possesso di un un video di un’amica che fa sesso non lo inoltrerei a nessuno (a meno di una sua esplicita richiesta in tal senso), allo stesso identico modo in cui non inoltrerei a nessuno senza esplicito consenso le foto delle sue vacanze al mare. Verissimo poi quel che dici sul fatto che non sono solo i video hot a diventare virali e questo conferma esattamente la mia ipotesi: Tiziana si è uccisa non perché tutto il mondo è venuto a sapere quel che faceva con i suoi partner sessuali ma perché questo ha innescato una valanga di offese che le ha provocato una vergogna tale da non riuscire a sopportarla. Per questo io individuo la causa nella sessuofobia (di cui la condivisione compulsiva di contenuti sessuali è ovviamente sintomo: se la sessualità fosse una cosa normale youporn avrebbe i giorni contati. Sai che i paesi con il maggior consumo di porno sono i paesi con le morali sessuali più restrittive?). Infine sempre sul video in questione: sì, l’ha girato volontariamente e sì, l’ha inoltrato lei ad alcune persone. Questo non autorizzava loro a diffonderlo pubblicamente perché, ripeto, lei non aveva intenzione che lo diventasse ma voleva che rimanesse una cosa fra di loro. E dire: “però sapeva come poteva andare a finire” equivale a chi dice “se l’è cercata” se una ragazza che indossa la minigonna di notte viene stuprata. Insomma, io rivendico persino il diritto di essere ingenue, provocanti, superficiali, seduttive ecc ecc senza che questo autorizzi nessuno a sentirsi in diritto di ridurre una donna a oggetto (da stuprare, diffondere, mettere alla berlina, sbeffeggiare, linciare…)

      • Ho letto con interesse l’articolo, i commenti, le riflessioni che ne sono seguite… poi mi sono ricordata che da quattro anni sono l’unica donna all’interno di una chat whatsapp. Quello che doveva essere il topic principale della chat è trattato solo marginalmente, il resto degli argomenti potrebbe fornirmi ampio materiale per una nuova tesi di sociologia, se fossi ancora studente. Il campione potrebbe essere perfetto per un’indagine statistica: maschi tra i 25 e i 55 anni, avvocati, giornalisti, impiegati, un giudice, uno speaker radiofonico nazionale, un cattolico praticante e pellegrino e un pastore protestante. C’è un po’ di tutto, e il livello culturale è decisamente sopra la media. Ma la passione comune è sempre la stessa, e non è quella per cui la chat era nata.
        Questa chat, in cui ho visto e letto davvero di tutto, dal video della povera Tiziana alla cronostoria del tizio che cerca e infine riesce a trombarsi la moglie del suo migliore amico (allenatore di una squadra di calcio di serie A), mi ha persuaso che concetti come “sessuofobia” sono troppo elevati per spiegare un fenomeno che non può, vista la sua portata, avere solo radici culturali. E mio malgrado mi ha spinto verso qualcosa di molto piú brutto, il rifiuto di qualcuno per ciò che è, e non per ciò che fa. In alcuni casi si chiama razzismo, in altri misoginia, nel mio è tristemente diventato misandria.

      • ….io rivendico persino il diritto di essere ingenue, provocanti, superficiali, seduttive ecc ecc senza che questo autorizzi nessuno a sentirsi in diritto di ridurre una donna a oggetto (da stuprare, diffondere, mettere alla berlina, sbeffeggiare, linciare…)

        Questo è un commento francamente desolante….oltre che non nuovissimo.

        Visto che appartengo al genere che ne diviene oggetto: puoi chiarire il termine “diritto di essere provocante”? Provocazione ha un’etimologia ben precisa.
        Ha una qualche relazione con l’equivalente “dovere” maschile di rimanerne eventualmente frustrato?
        Anche frustrazione ha un’etimologia ben chiara…e fa rima con sofferenza.
        Perché se è così è solo moralismo a buon mercato.
        Che nasconde la rivendicazione di una posizione di potere. Si: il sesso è potere. Il controllo della sessualità altrui è potere.
        Io non ho nulla contro la difesa delle posizioni di potere.
        Ma deve essere una difesa chiara. Esplicita. Quindi opponibile.
        Sennò…

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Chi sono

Sono caporedattrice di "MicroMega". Ho studiato filosofia e ho scritto "Non c'è fede che tenga. Manifesto laico contro il multiculturalismo" (Feltrinelli, 2018); "La Terra è rotonda. Kant, Kelsen e la prospettiva cosmopolitica" (Mimesis edizioni, 2015). Mi occupo principalmente di diritti civili, laicità e femminismo. Vivo a Francoforte sul Meno. Per contattarmi potete scrivere a cinziasciuto@animabella.it

Ich bin Journalistin und Autorin. Ich habe in Rom und Berlin Philosophie studiert und an der Sapienza Universität in Rom promoviert. Ich bin leitende Redakteurin bei der italienischen Zeitschrift für Philosophie und Politik „MicroMega“ und schreibe auch für einige deutschen Medien, u. a. "Die Tageszeitung" und "Faustkultur". Auf meinem Blog „animabella.it“ schreibe ich zu Säkularismus, Frauenrechten, Multikulturalismus und Fragen der Bioethik. Ich habe zwei Bücher geschrieben: "Die Fallen des Multikulturalismus. Laizität und Menschenrechte in einer vielfältigen Gesellschaft" (Rotpunktverlag, 2020; Originalausgabe auf Italienisch Feltrinelli 2018) und „La Terra è rotonda. Kant, Kelsen e la prospettiva cosmopolitica“ (Mimesis Edizioni, Milano 2015). Ich lebe mit meiner Familie in Frankfurt am Main.

Sie können mich unter dieser E-Mail erreichen: cinziasciuto@animabella.it