Diritti Miscellanea

A scuola di emancipazione

Di tanto in tanto a Berlusconi capita di dire, senza volerlo, delle cristalline verità. È stato così quando, in campagna elettorale, disse su Raiuno che quelli di sinistra «propongono di rendere uguali il figlio del professionista e il figlio dell’operaio». Un’affermazione che rese così lampante – anche per la sinistra, che troppo spesso smarrisce il suo senso – la differenza tra la destra e la sinistra. Ed è anche il caso delle recenti affermazioni sulla scuola pubblica in cui, secondo il presidente del Consiglio, gli insegnanti  «vogliono inculcare princìpi diversi da quelli che i genitori vogliono inculcare ai loro figli». Ebbene sì, detto un po’ rozzamente, ma è proprio (anche) quello il compito della scuola pubblica: affrancare gli individui dai vincoli e dai limiti delle singole famiglie, metterli al mondo, immetterli nel mondo, creare cittadini laddove le famiglie possono crescere solo, e inevitabilmente, membri di clan, più o meno illuminati, ma sempre clan, tribù, gruppi di appartenenza. Nella scuola pubblica i bambini, i ragazzi incontrano l’altro, talvolta il radicalmente altro, e con lui devono fare i conti.

I figli non sono proprietà privata dei genitori che li plasmano a loro immagine e somiglianza, la scuola pubblica serve a creare (o almeno ci prova) individui autonomi, liberi, dotati di spirito critico in grado di mettere in discussione persino la propria stessa famiglia.
E quella platea di sedicenti cristiano riformisti davanti alla quale Berlusconi ha denigrato (perché questa era la sua intenzione) la scuola pubblica a tutto vantaggio di quella privata (leggi cattolica) è consapevole del fatto che stabilire che l’educazione dei figli sia eslcusivo monopolio delle famiglie significa anche accettare tutte le condizioni che ogni famiglia, di qualunque cultura impone ai figli? Una volta ammesso questo principio, con quali argomenti potremmo mai opporci alla segregazione delle ragazze in alcune famiglie musulmane ? O in nome di quali princìpi potremmo costringere (sì, constringere) i figli di camorristi e mafiosi a frequentare la scuola invece di andare ad ingrossare fin da giovanissmi le fila della criminalità organizzata? Ogni giorno, in molti quartieri del Sud del nostro paese insegnanti con la Costituzione nel cuore vanno di casa in casa a recuperare i loro studenti proprio per strapparli all’abbraccio, spesso asfissiante, della famiglia e per «inculcare» loro dei princìpi diversi, anzi opposti, a quelli che questi ragazzi trovano in casa.
Il caso determina in quale famiglia debba nascere un bambino. Allo Stato democratico il compito di emanciparlo dai vincoli che la sorte gli ha assegnato e consentirgli di sviluppare tutte le sue potenzialità.

8 Commenti

  • Carissima Cinzia, che Berlusconi qualche volta dica delle verità questo è vero (se dovessimo contare le menzogne che dice staremmo freschi…), ma rileggi quello che hai scritto perchè non puoi averlo scritto davvero. Quando mai compito dello Stato, dentro quale articolo della Costituzione c'è scritto che compito dello Stato, "è emancipare il bambino dai vincoli che la sorte gli ha assegnato e consentirgli di sviluppare tutte le sue potenzialità"? Cinzia, certe cose danno ragione al Berlusca. Dimmi che non è vero…che ti sei espressa male!
    Lo Stato, semmai, dovrà garantire a tutti l'accesso all'istruzione (peraltro c'è una legge dello Stato, una legge che ha visto la luce con Berlinguer) che ormai non distingue più tra pubblico e privato, ma chiama pubbliche le scuole dello Stato e le paritarie. Berlusconi parlando delle scuole pubbliche ha preso un doppio abbaglio perchè ormai anche le paritarie sono pubbliche e non ha reso un gran servizio alle paritarie. Lo Stato deve garantire l'accesso, e non solo, all'istruzione, ma da qui a dire che la scuola…bla bla…La scuola non è tutto. La famiglia di origine non è un vincolo che la sorte ci ha assegnato. Certo in alcune case può esserlo, ma nella stragrandemaggioranza (non siamo tutti camorristi, nè figli di talebani, Cinzia!!) le famiglie sono il luogo dove si formano le idee, i pensieri, la cultura, il senso della vita, dove si impara ad amare, dove si impara ad accettarsi…Ed è bene che sia così…dove si devono formare le idee? A scuola? Le idee, i pensieri, la capacità di scegliere una strdaa piuttosto che un'altra, la capacità di sopportare le umiliazioni da dove vengono se non dalla famiglia? Sono un insegnante. Ho appena terminato un collegio coi genitori. Cosa li chiamiamo a fare se la scuola li deve "strappare" da loro? Io quest'altr'anno non so nemmeno se sarò con quegli stessi ragazzi. I geniotri ci sono sempre. Se ripenso alla mia scuola, dalle medie alle superiori, per non parlare dell'Università ho ricevuto molto poco..mentre il tutto che ho ricevuto viene dalla famiglia. Dall'Università ho preso due titoli di laurea, ma non spessore del vivere, non ragioni per affrontare realmente la vita, la malattia, il senso del lavoro…la mia esperienza può essere limitante, ma limitante è l'idea di Stato e di scuola e l'idea di famiglia che hai descritto. Dimmi che c'è un errore.

  • da un vecchio manoscritto di tanti anni fa:

    "…E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. […] Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato."

    a futura memoria!

  • Caro Massimo, no, non c’è nessun errore, solo indebite deduzioni tue da quel che ho scritto io. Il mio ragionamento si articolava in due punti: 1) il primo è che la scuola pubblica serve a tutti, non solo ai figli di camorristi o talebani, ma anche a coloro che hanno la fortuna di nascere e crescere in famiglie liberali, le quali possono offrire, anche nei migliori dei casi, sempre e solo un particolarissimo e (per quanto ampio che sia) ristretto punto di vista sul mondo. Io ho un figlio che credo sia stato piuttosto fortunato nel nascere in un ambiente che cerca di offrirgli un orizzonte quanto più critico e aperto possibile, ma peccherei di presunzione se pensassi che il chiuso della nostra famiglia possa essere sufficiente a far crescere un ragazzo e un uomo capace di orientarsi nel mondo in modo critico e autonomo; 2) il secondo punto del ragionamento è un argomento per paradosso: se prendiamo per buono il principio che l’educazione dei figli sia monopolio delle famiglie – dicevo – dobbiamo poi accettare tutte le conseguenze che da quel principio derivano. I princìpi non possono essere tali solo quando ci aggradano. Per questo conviene stare sempre dalla parte di quei princìpi che tutelano la libertà dell’individuo: sono l’unico strumento (civile e democratico) contro ogni fondamentalismo.

  • L'equilibrio sta nel mezzo. La scuola è importante per dare l'occasione al giovane di confrontarsi, ma questo avviene sia in quella pubblica che in quella privata, perchè il confronto avviene più con i compagni e i professori che con i concetti "inculcati".
    La famiglia è il focolare, le nostre idee più radicate sono frutto del nostro rapporto con la famiglia, sia in accordo che in opposizione.
    Il problema rimane sempre lo stesso: la strumentalizzazione di una istituzione. La scuola di per sè è indispensabile, come la famiglia. Una corretta e sana collaborazione tra le parti porta risultati costruttivi.

  • Caro Massimo,
    dal momento che siamo ormai in una società multiculturale mi trattengo ai confini nazionali. Sai quanti bambini nascono in Italia figli di mafiosi, ntranghetisti, camorristi, sacrocoronisti che statistiche alla mano hanno altissime probabilità di percorrere le carriere familiari e di clan? Qualcuno che si è ribellato a tali logiche è stato o ucciso dal clan familiare (vedi Peppino Impastato) o si è suicidato (vedi Rita Atria) o disconosciuto dalla “famiglia” (vedi le sorti dei pentiti e/o collaboratori di giustizia presi per pazzi e “vendicati” con vendette trasversali di parenti comuni). Sai quanti bambini vengono strupati, seviziati, schiavizzati da genitori e familiari? Sai quanti bambini vengono distrutti pisicologicamente da genitori tossicomani, separati, con famiglie “allargate” (e questi provenienti anche da ambienti cosidetti “bene”?). Sai quanti bambini nascono in Italia con tradizioni e culture barbare come infibulazione, burca e veli di varia specie e natura, circoncisioni, divieti di trasfusioni, complessi di peccati originali, di peccati mortali afferenti alla sfera sessuale, con paure di inferni e purgatori, con speranze di insperabili paradisi, con paura di mangiare alcuni cibi (vedi carne, uova, formaggi, ceci, fagioli ecc.)? Ed il TUTTO sotto le ”sacre”, “sagge” e “amorevoli” cure e tradizioni familiari! Personalmente rinnego tutto questo ivi compresi i tutti quei miei familiari che ne facessero parte. Così come rinnego gli “adoratori del Dio Po” e i difensori del “bunga-bunga” i cui figli sono contemporaneamente vittime ed attori di un degrado spaventoso i cui riferimenti principali rimangono trasmissioni televisive come “il grande fratello” e “l’isola dei famosi”.
    Penso che nessuno di noi da solo possa farcela a far invertire la ruota del mondo. Ma io padre e oggi anche nonno, assieme a te che sei il MAESTRO di mio nipote assieme in uno sforzo comune e tramite di ciò che, nonostante tutto, rimane di buono nella istituzione scuola possiamo tentare di farcela. E se non io assieme a te: come e con chi?

  • Leonbaldo scusami ma non mi ci ritrovo dentro la tua analisi e dentro la tua ricetta (quel mischiare famiglie mafiose con tutte le altre…) o meglio anche perchè nel tanto che non condivido, c'è il finale che mi pare una sorpresa…"Io padre e oggi anche nonno, assieme a te che sei il MAESTRO di mio nipote assieme in uno sforzo comune e tramite di ciò che, nonostante tutto, rimane di buono nella istituzione scuola possiamo tentare di farcela. E se non io assieme a te: come e con chi?" E' proprio dal rapporto familiare, da te che gli sei padre e nonno, è da questa relazione che tuo figlio e tuo nipote può imparare la vita. La scuola, con i suoi insegnanti, i compagni di classe, è il luogo dove tutto questo si verifica. Il giovane verifica se è vero, se corrisponde al vero, se corrisponde al proprio sentire… La tua provocazione finale "se non io assieme a te", la condivido in pieno. E la intendo così, la famiglia assieme alla scuola (e non solo aggiungerei io…Ad esempio, qui in paese c'è un prete che si sbatte parecchio e i ragazzi lo seguono). La famiglia, carissima animabella, non ha il monopolio dell'educazione. Tutte le famiglie affidano i propri figli alla scuola di calcio, al parroco per il catechismo, alla scuola, all'insegnate di Karate… Non è un monopolio! Ma un primato sì. Tu stessa lo dici "Io ho un figlio che credo sia stato piuttosto fortunato nel nascere in un ambiente che cerca di offrirgli un orizzonte quanto più critico e aperto possibile". E' questo deve offrire una famiglia. La scuola non soppianta nè si pone in contrasto. Semmai, ripeto, è un luogo di verifica, di provocazione, di coscientizzazione di quanto uno sostanzialmente riceve nel suo contesto più adeguato…Che poi possano esserci delle famiglie talebane, qual'è il problema?…perchè scusa, non potrebbero esserci delle "talebane" (senza velo) nella scuola…?

  • Complimenti sei riuscita a commentare in modo serio Il Berlu, non è poco.
    Personalmente credo che sia utile insegnare ai figli "come pensare e non cosa pensare"
    Bacioni

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Chi sono

Sono caporedattrice di "MicroMega". Ho studiato filosofia e ho scritto "Non c'è fede che tenga. Manifesto laico contro il multiculturalismo" (Feltrinelli, 2018); "La Terra è rotonda. Kant, Kelsen e la prospettiva cosmopolitica" (Mimesis edizioni, 2015). Mi occupo principalmente di diritti civili, laicità e femminismo. Vivo a Francoforte sul Meno. Per contattarmi potete scrivere a cinziasciuto@animabella.it

Ich bin Journalistin und Autorin. Ich habe in Rom und Berlin Philosophie studiert und an der Sapienza Universität in Rom promoviert. Ich bin leitende Redakteurin bei der italienischen Zeitschrift für Philosophie und Politik „MicroMega“ und schreibe auch für einige deutschen Medien, u. a. "Die Tageszeitung" und "Faustkultur". Auf meinem Blog „animabella.it“ schreibe ich zu Säkularismus, Frauenrechten, Multikulturalismus und Fragen der Bioethik. Ich habe zwei Bücher geschrieben: "Die Fallen des Multikulturalismus. Laizität und Menschenrechte in einer vielfältigen Gesellschaft" (Rotpunktverlag, 2020; Originalausgabe auf Italienisch Feltrinelli 2018) und „La Terra è rotonda. Kant, Kelsen e la prospettiva cosmopolitica“ (Mimesis Edizioni, Milano 2015). Ich lebe mit meiner Familie in Frankfurt am Main.

Sie können mich unter dieser E-Mail erreichen: cinziasciuto@animabella.it