Ci sono cose che dovrebbero essere talmente scontate da non aver bisogno di essere ribadite. La laicità dello Stato è una di queste. Costituisce (dovrebbe costituire) una delle regole di base della convivenza civile, quel terreno comune prepolitico da nessuno messo in discussione, da tutti condiviso, che consente un confronto schietto e alla pari. In democrazia, almeno. Dove in linea di principio nessun ‘orizzonte di senso’ particolare ha uno statuto privilegiato e merita di essere imposto a tutti, salvo quell’unico orizzonte di senso condiviso che è costituito proprio dalle regole di base della convivenza democratica. Che questioni di fede non possano entrare nelle leggi che regolano questa convivenza dovrebbe essere ovvio, anche solo per il fatto che – essendo le fedi tante e diverse – prediligerne una – per quanto maggioritaria – è già di per se stesso atto antidemocratico: la democrazia infatti non è dittatura della maggioranza, ma tutela dei diritti di ciascuno.
In Italia, come sappiamo, la laicità non è affatto un valore condiviso, anzi al contrario è parola che divide. Non c’è però chi non ne riconosca la necessità, sebbene con la precisazione che si debba avere a che fare con una «laicità positiva» contro il tanto odiato «laicismo». Questo voler delimitare con un aggettivo i confini della laicità è sintomo, per un verso, dell’imbarazzo dei nemici della laicità, che si rendono conto di non potere esplicitamente ammettere di volere uno Stato teocratico, e per l’altro, di una subdola operazione di svuotamento del concetto di laicità che, quando diventa «positiva» si snatura, tramutandosi nel suo contrario. Il punto, infatti, lapalissiano per chi vuol vedere, è chi decide quando la laicità è positiva e quando invece siamo di fronte all’aborrito laicismo.
Per esempio: pretendere la completa libertà per ciascuno di decidere sulla propria vita è sfrenato laicismo o puro e semplice buon senso democratico? Che si tratti di questioni delicattissime non v’è chi non veda. Ma, proprio perché sono questioni delicatissime, bisogna starne fuori il più possibile, lasciando tutte le decisioni a ciascun individuo e alle persone care che lui vorrà coinvolgere. Il sedicente partito della vita – che poi è lo stesso che portava acqua e pane fuori dalla clinica dove era ricoverata Eluana Englaro, nella piena consapevolezza, e dunque in evidente malafede, che quell’acqua e quel pane Eluana non avrebbe mai potuto neanche toccarli, e non certo per volontà del padre che avrebbe venduto l’anima al diavolo pur di riavere sua figlia – porta avanti una posizione semplicemente antidemocratica. Voler imporre a chiunque, anche contro la sua volontà, un qualunque trattamento sanitario, comprese idratazione e nutrizione artificiale, su questa terra è semplicemente un abominio totalitario. Fosse anche fatto con le migliori intenzioni di salvargli l’anima e nella convizione di fare la volontà di Dio.
Di tutto questo si parlerà a Reggio Emilia dal 15 al 17 aprile durante le Giornate della laicità, iniziativa promossa da MicroMega, Iniziativa laica e Arci Re, che già prima di cominciare ha suscitato forti polemiche sulla stampa regionale. A conferma che di un festival della laicità c’era proprio bisogno. Tutte le informazioni su: www.giornatedellalaicita.com
Scusa Cinzia, ma non credi che così emerga una dittatura dell'individuo per cui qualunque cosa lui decida (fosse anche ciò che riguarda lui e solo lui)debba essere considerata un diritto a cui nessuno può obiettare niente? Sarebbe questa, la democrazia? Democrazia è "potere del popolo" e il popolo si esprime, inevitabilmente, dentro degli orizzonti culturali, religiosi, filosofici, persino utilitaristici…è inevitabile che sia così, no? In fondo, anche tu stai avanzando un pensiero culturale…perchè il tuo dovrebbe chiamarsi laicità (allo stato puro) e quella degli altri positiva, laicismo, cioè in sostanza laicità adulterate?
Vorrei rispondere a Carmelo. Democrazia senza rispetto TOTALE delle volontà delle minorenze (che non ledano i diritti delle maggioranze)è "dittatura del popolo". Una maggioranza di pololo che crede in un qualsivoglia Dio (o in nessun Dio), non puo imporre a nessuno a credere (o a non credere) tanto quanto una minoranza non può fare altrettanto . Tanto più quanto nessuno può in assoluto dimostrare di avere ragione rispetto all'altro. In qesto caso i "numeri" non valgono: vale il reciproco riconoscimento dell'altruio diritto.Questa è per me laicità: cioè VERA e SOSTANZIALE democrazia.
Caro Carmelo, mi pare che tu faccia un po' di confusione. Una "dittaura dell'individuo" su se stesso è un ossimoro: "dittatura" è l'imposizione ad altri, non a se stessi. Quanto alla presunta simmetria fra tutte le posizioni, è argomento che respingo fermamente: le posizioni non sono tutte equivalenti. Nel caso specifico, se la mia posizione diventasse la regola universalmente condivisa il risultato sarebbe che ognuno di noi potrebbe decidere sulla propria vita (decidendo quindi, se vuole, di affidarla a Dio), mentre se la posizione dei sedicenti sostenitori della vita diventasse la regola universale (rischio molto concreto) il risultato sarebbe che verrebbe imposto a tutti, anche a chi non lo condivide, lo stesso trattamento. La prima posizione è democratica, a seconda no. Nessuna simmetria.
Carissima Animabella, comprendo bene la sua posizione che è in sostanza, libertà assoluta della serie "ognun per sè, tutti contenti". Nessuno impone niente ad altri. Non la condivido, ma la ritengo lecita. Risparmio in questo blog le conseguenze che io ravvedo in una deriva del genere. Però non condivido e culturalmente non accetto che uno mi dica che è democratica questa posizione e non un'altra. Chi stabilisce ciò che è democratico? Dico democratico, non giusto, perchè, ahimè, anche la democrazia non è infallibile, anzi. Però è democratico ciò che un popolo stabilisce per sè. Non posso accettare che mi si dica che è democratico così e cosa no…I referendum cosa li facciamo a fare se dobbiamo per forza esprimerci in un senso. Il referendum sulla pessima legge 40 o su altre cose simili cosa andiamo a farli se poi riteniamo non democratico la scelta di un popolo (lascia stare tutta la questione politica del quorum, prendi per ipotesi che avessero vinto direttamente i NO). Le ragioni di questa scelta possono essere anche religiose o culturali o emotive, ma non cambiano la questione. La religione come altre dinamiche non possono essere espunte dalla vita democratica altrimenti avremmo a che fare con delle persone monche.