Donne, un destino globale
Qualche anno fa, era il 2008 per l’esattezza, mi sono imbattuta in questa foto, pubblicata su Repubblica in accompagnamento a una breve sul Congo dal titolo “Profughi in trappola e senza cibo, oggi arriva un convoglio di aiuti”. Non so bene per quale motivo, ma quella foto l’ho ritagliata e conservata per tutti questi anni, portandomela dietro nei vari traslochi. In ogni nuova casa, una volta montata la scrivania, la mettevo con una calamita sulla lavagnetta magnetica accanto, e lì ancora sta. Ogni tanto mentre lavoro alzo lo sguardo e incrocio quello di questa donna. Mi capita soprattutto quando mi occupo di donne e, guardandola, mi viene sempre in mente di come sulla testa delle donne abbiano sempre pesato in maniera particolarmente crudele tutte le miserie dell’umanità.
Questa donna ha letteralmente preso la sua casa sulla testa, il suo bambino in braccio e si è messa in cammino alla ricerca di cibo e acqua, nel tentativo di sopravvivere. Inseguita da una guerra di cui con ogni probabilità non sapeva assolutamente nulla. Alla disperata ricerca di una speranza, soprattutto per quel suo piccolo che, inconsapevole, si aggrappa al seno della madre.
L’ho guardata anche in questi giorni, quest’immagine. Giorni in cui leggiamo l’agghiacciante cronaca dell’assassinio a Trapani di Maria Anastasi e del figlio che portava in grembo e che sarebbe nato di lì a pochi giorni. Qualcuno (il marito? la sua amante? entrambi?) l’ha massacrata a colpi di spranga, dopo averla portata in aperta campagna, e poi ha dato fuoco al corpo, forse quando era ancora viva. Maria era madre di altri 3 ragazzi, e sono stati loro – smentendo la versione del padre – a consentire alle indagini di prendere una strada abbastanza affidabile, con il fermo del marito e della sua amante. Amante che da qualche tempo abitava in casa con moglie e figli. Strano concetto di famiglia allargata.
Giorni in cui leggiamo anche – nelle brevi dei giornali, stavolta – di una donna afghana uccisa perché adultera davanti a una folla plaudente, con il povero Allah invocato a giustificare un delitto tanto più atroce quanto più è a senso unico: è alla donna adultera che tocca il sacrificio sulla pubblica piazza, mai all’uomo.
Tre storie completamente diverse, tre mondi distanti anni luce. Eppure mentre il mio pensiero corre fra Trapani e Kabul, il mio sguardo si alza per incontrare quello della donna di Kivu.
bravissima, cinzia. non ho parole. un destino globale. quanta verità!
serenella pignotti
capita a volte di rimanere affezionati a delle foto che solo apparentemente non ci riguardano da vicino. Sulla mia scrivania c'è un calendario del 2011 che al mese di marzo ha la foto delle mani di una anziana donna, da allora il calendario della mia scrivania non è mai cambiato e non vedo ragioni perché cambi.
Bellissimo articolo. Grazie.
Leonbaldo
oh, amica, m'hai fatto commuovere.