Diritti

GRAVIDANZA SURROGATA, TRA MORALE E DIRITTO

Ci sono un’infinità di comportamenti che ciascuno di noi non condivide, giudica inopportuni, immorali, ingiusti, dannosi, stupidi, inaccettabili ecc ecc. Ciascuno di noi ha un proprio “mondo morale” tramite il quale si relaziona con il mondo, nell’ambito del quale individua i comportamenti più o meno accettabili, in base al quale magari seleziona le sue amicizie e più in generale le sue relazioni, ma che non può costituire il metro sul quale fare le leggi. Esattamente come i credenti possono ben ritenere qualcosa un peccato ma non possono pretendere che solo per questo diventi reato. Morale e diritto sono due piani totalmente diversi.

In una democrazia liberale le leggi non devono disegnare un mondo morale (che possibilmente coincida con il nostro) ma consentire il più ampio margine possibile di autonomia agli individui, mettendo dei limiti al solo scopo di tutelare gli altri. Dunque, per esempio: il divieto di fumo nei locali pubblici è sensato perché tutela chi non vuole subire il fumo passivo, ma un divieto di fumo tout court in nome della salute di ciascuno sarebbe inammissibile: ciascuno deve essere libero di decidere autonomamente se farsi del male fumando o no (ovviamente, poiché una scelta consapevole implica un’adeguata conoscenza, le istituzioni sono tenute a fare campagne di informazione sui rischi del fumo).
Si può ritenere il fumo dannoso e allo stesso tempo non volere mai che venga vietato per legge.
Si può ritenere la fedeltà un valore e non volere mai che gli adulteri siano puniti per legge.
Si può ritenere il ricorso alla chirurgia estetica un’espressione dell’incapacità di invecchiare ma non per questo pretendere che sia vietata per legge.
Si può ritenere l’assunzione di droghe una manifestazione di debolezza e un grave danno alla salute e allo stesso tempo impegnarsi affinché siano legalizzate.
Si possono giudicare i tatuaggi orrendi ma non pretendere che vengano vietati per legge.
Si può ritenere la promiscuità sessuale un disvalore ma non per questo si deve chiedere di vietarla per legge.
Si può ritenere inopportuno che si diventi padre a 60 anni (Vendola ne ha 58…) ma che vogliamo fare? Mettere un limite di età per legge?
E potremmo continuare a oltranza con gli esempi, per dimostrare: a) che i giudizi morali e le leggi di uno Stato non coincidono e b) che accettare che un comportamento sia consentito e regolamentato dallo Stato non comporta nessun obbligo di condivisione morale di quel comportamento.

In qualunque dibattito su questioni che riguardano le scelte delle persone, in una democrazia liberale le disquisizioni morali non dovrebbero avere luogo. Io non sono a favore della legalizzazione delle droghe perché penso che drogarsi sia positivo. Ragionare in questi termini significa confondere le acque. L’equazione “se sei contro le droghe allora sei per vietarle” è illogica, e perversa. Si può continuare a essere contro il divorzio, pur avendo votato a favore della legge sul divorzio. Solo l’ignoranza, o una inclinazione fondamentalista purtroppo molto diffusa, può vedere in questo una contraddizione.
Di fronte a un malato terminale che chiede l’eutanasia la domanda da porsi non è se sia giusto o sbagliato: ognuno avrà una risposta diversa, o magari nessuna risposta. La domanda è: chi altri tranne che la persona in questione è titolata a decidere? Perché non possiamo pretendere che ciascuno decida per sé quel che noi (o una religione, o la natura, o una qualunque altra autorità, o il logos, o… o… o…) riteniamo giusto.
E veniamo al tema di questi giorni. Seguendo il filo del ragionamento che abbiamo appena fatto, quando parliamo di gravidanza surrogata, tutte le disquisizioni sulle motivazioni dei vari soggetti sono del tutto irrilevanti al fine di decidere cosa consentire o no per legge (ovviamente sono rilevantissime all’interno del nostro mondo morale. Ma, come abbiamo detto, questa è un’altra storia). Ciascuno di noi compie le proprie scelte in base a una infinità di motivazioni, spesso intrecciate fra loro e non è compito della società giudicarle. È certo compito delle istituzioni rimuovere quanto più possibile le condizioni esterne che potrebbero influenzare la decisione (come situazioni di indigenza economica ecc.), ma dopo di che ciascuno deve poter compiere le proprie scelte in completa autonomia. Cosa io penso poi di quelle scelte, è affar mio. (E non sempre tra l’altro si deve avere un giudizio chiaro sulle cose. Esercitare l’arte del dubbio, specie quando si tratta della vita degli altri, è sempre cosa buona e giusta.)
Nel dibattito sulla surrogata il vero e unico argomento che ha un certo rilievo è che tale scelta è presa da alcuni soggetti ma ha delle conseguenze rilevanti su un altro soggetto, il bambino, che non ha alcuna voce in capitolo. È un argomento che ha un suo peso, ma, per quanto vogliamo tenerlo in considerazione, è soggetto a una critica radicale: nessun bambino al mondo ha mai avuto, né mai avrà, voce in capitolo sulle condizioni della sua nascita. E se volessimo stilare un elenco delle condizioni ideali in cui un bambino deve venire al mondo, allora dovremmo prevedere una sorta di “patentino di genitore” che autorizzi qualcuno a diventare padre o madre. Perché ahimè per affrontare un tale compito la tanto invocata natura serve a ben poco. E allora, se prendiamo davvero sul serio la frase “un bambino ha diritto a un padre e una madre” dovremmo vietare di fare figli alle donne single. Attenzione, qui il filo corre fra morale e diritto, ma la distinzione è netta: un conto è fare, per esempio, campagna di prevenzione e informazione affinché le ragazze non rimangano incinte ogni volta che hanno rapporti, un’altra è vietare per legge alle donne single di avere figli. Sarebbe una follia degna uno Stato totalitario.
Su queste questioni hanno ragione, da sempre, i radicali: a prescindere da come la pensiamo nel merito, proibire non serve a niente, se non a incoraggiare forme di sfruttamento, a rendere certe pratiche privilegio di classe, a creare mercati clandestini. Legalizzare significa sempre regolamentare.
Sono abbastanza certa che qualcuno trarrà da queste righe la conclusione che io sia “a favore” della surrogata, dimostrando così di non aver capito la tesi centrale di questo articolo: ossia che il mio giudizio morale non è il parametro con cui io penso che debbano essere fatte le leggi. Per questo non mi sono espressa nel merito della surrogata. Se a qualcuno interessa il mio personalissimo “mondo morale”, la mia opinione è: non lo so. Ho molti dubbi e molte riserve. Ma non è sul mio mondo morale che pretendo che si facciano le leggi.

26 Commenti

  • Condivido e anche per un altro motivo: nuovamente si tenta di dettar legge sul corpo delle donne, che vengono considerate non individui ma solo nel ruolo di madri.

  • Per come la vedo io una grandissima parte di dibattiti peró nasce da una diversa percezione proprio di quanto una determinata azione danneggi o no la societá nel suo complesso, non da semplici considerazioni morali astratte. Esempio estremo: chi si oppone a unioni civili e matrimoni gay di solito lo fa, certo, partendo da una morale religiosa, ma perché ritiene che tale morale sia radicata in considerazioni pratiche sulla societá: ad esempio che i matrimoni gay siano sbagliati *PERCHÉ* porterebbero alla dissoluzione di rapporti familiari tradizionali, al crollo demografico, alla vendetta divina, e via dicendo. Tutte conseguenze che ricadrebbero effettivamente su tutta la societá, facendo della cosa anche "affar loro". In quel caso la critica piú ovvia é che non esiste alcun supporto fattuale a questi pericoli paventati – sono semplicemente correlazioni inventate, tirate fuori dal cappello, e quindi non dovrebbero avere un granché di peso nel dibattito pubblico.

    Nel caso della maternitá surrogata pure il problema si impone in una maniera simile. Ad esempio chi accusa la maternitá surrogata a pagamento di essere un procedimento che alimenta le differenze sociali ritiene che essa abbia effetti nefasti sulla categoria delle donne nel suo complesso, nel senso in cui l'esistenza stessa della possibilitá puó contribuire a far formare una domanda che poi finirá per cementare un'offerta che altrimenti non sarebbe mai esistita. Ci sono esempi di cose che non si possono vendere per prevenire questo meccanismo – ad esempio i propri organi e tessuti, o la propria vita, anche se idealmente una trattativa del genere riguarderebbe solo chi compra e chi vende. Chiaramente questo é un caso un po' meno estremo, peró non é completamente insensato che si metta in discussione l'etica della pratica e anche il ruolo della legge riguardo ad essa. Alla fine, la scelta puramente individuale é un'illusione – tutte le scelte finiscono per influenzare gli altri, in un effetto a catena. La legge si ferma laddove quest'effetto non é piú ovvio o prevedibile, ma anche questo non é un confine facilissimo da tracciare.

  • Anzitutto, scrivi così bene che è un piacere leggerti e confrontarsi con te. Se possibile, io sono ancora più confuso di te sulle grandi questioni etiche; concordo con te che tali questioni non sono mai semplici, dicotomiche, e difficili da affrontare con leggerezza.
    Ma almeno tu ti sei data un criterio, sulle questioni personali, intime, morali, l’ultima persona deputata a decidere è l’interessato stesso e nessun altro può imporgli dall’esterno la sua convinzione morale, nessun altro può pretendere che la sua morale (anche se fosse maggioritaria) possa tradursi in legge.
    Da giovane psicologo, anni fa (molti ormai), mi arrivavano madri che volevano interrompere la gravidanza oltre il termine previsto dalla legge, passavano da me e poi dal prete (inteso come “consulenza spirituale”), per quanto mi riguarda io interpretavo il mio contributo come un fare emergere quanto più possibile la motivazione dell’interessata, gli aspetti emotivi e non solo quelli razionali, e cercavo di accompagnare tutto con un profondo rispetto per la persona, qualsiasi cosa decidesse di fare.
    Più tardi mi sono battuto perché sia Piergiorgio Welby (che ho conosciuto nel suo blog sul Cannocchiale) sia Beppino Englaro, fossero liberi di scegliere cosa farne rispettivamente della loro vita o di quella della figlia in coma vegetativo. Ad ispirarmi la grande cultura greco-romana in base alla quale se un individuo decideva che i dolori che ormai gli riservava la vita fossero molto maggiori delle gioie, o di non vivere se non a certe condizioni (ad esempio da uomo libero e non da schiavo), poteva togliersi la vita nel modo che riteneva più opportuno, ed era rispettato per questo persino dai suoi nemici più efferati.
    Poi mi sono accorto che il limite fra ciò che è pubblico, sociale, intersoggettivo e ciò che appartiene alla sfera strettamente personale è molto labile e incerto, siamo talmente immersi nel mondo che quasi non esiste una questione che possa essere solo nostra, dalla più banale come fumare, fino alla più impegnativa come l’avere un figlio o l’eutanasia.
    Sono d’accordo con te che la sfera dell’etica non può essere soggetta a leggi, dominio della giurisprudenza, sarebbe un controsenso visto che l’etica stessa è un percorso di crescita interiore e in quanto tale non lo si può imporre ma deve sorgere spontaneamente, non lo sono sul fatto che è inutile vietare, per quello che mi concerne lo trovo invece utilissimo, specie se hai a che fare con un figlio adolescente, che farà comunque a modo suo, ma che ha un bisogno estremo di limiti e trovo che l’educazione liberale abbia già fatto parecchi danni nel presente (dagli anni 60 ad oggi) come nel passato.
    In definitiva, credo che ad un figlio non vada impartita un’educazione soltanto ludica o edonistica, non bisognerebbe soltanto crescerlo perché sia felice, ma crescerlo perché sappia stare bene in.sieme agli altri e al suo tempo.
    È, allora, utile non pensare all’individuo che nella sua solitudine e in maniera solipsistica decida sulle questioni etiche che lo riguardano (seppure quella decisione riguarda solo lui e non pretenda affatto di farne una legge universale), ma ad un individuo che riesca anche a confrontarsi con gli altri.
    La cosa più importante, però, è che sia soprattutto un uomo libero, in grado di prendere liberamente una decisione e di affrontarne tutte le conseguenze, qualsiasi esse siano, un uomo in grado di abitare la sua scelta, insomma.
    Un saluto

  • in sintesi la sua idea, gentile cinzia, è che , negli ambiti in cui il mio comportamento non interferisce con gli altri, nessuno dovrebbe dirmi cosa devo o non devo fare.
    certo lei è persona intelligente, e giustamente rileva che nel caso di MS( maternità surrogata) c'è un altro soggetto che subisce le "mie" scelte personali ed è mio figlio. e correttamente non risolve la questione ma traccia il parallelo con le coppie uomo-donna le quali non chiedono il permesso al proprio figlio prima di metterlo al mondo.
    quindi lei auspica, alla maniera dei radicali, al massimo una regolamentazione e non una proibizione. dunque una prima domanda: ma se la morale non deve entrare nelle leggi, ed io-legislatore non mi devo porre il punto di vista di cosa funziona e cosa no, cosa va a vantaggio della collettività e cosa no, su quali basi allora dovrò legiferare, regolamentare? in altre parole, se lei fosse un deputato della repubblica, non voterebbe secondo la sua morale, dunque secondo cosa? secondo il bene della collettività? e su cosa si fonderebbe tale bene? sulla sua idea di collettività, quindi di uomo. e in maniera più estrema, questa idea di essere umano al quale deve essere permesso di scegliere e fare un po tutto perchè non è un piano morale? è la SUA idea di essere umano felice. non concorda?ma se fosse così, allora varrebbe di nuovo il gioco dei piani morali , per cui starebbe applicando la sua morale come un cattolico-tanto per fare il solito esempio infelice-ribadisce la sua. per lei l' essere umano migliore è colui che si autodetermina, e se per un altro non fosse questo il più riuscito esempio di homo sapiens?
    lei dice: "ognuno di noi ha una idea diversa di essere umano e di priorità". bene, dunque?
    credo che la sua idea di politica porti preferenzialmente ad una forma anarchica, e non lo dico in senso spregiativo. ma, come rilevava pasolini, l' essere umano, sibi permissus, lasciato a sè, tutto è tranne che padrone di se stesso. nella nostra epoca è in primis essere consumistico, commerciale, economico, mediatico. in fondo berlusconiano.
    mi spiace ma non sono d' accordo. la gente, ancor più qui in italia e in epoca di crisi, non sa più cosa farsene della libertà, la quale va riempita di senso, di scopi, di obiettivi, per alzarsi la mattina e andare ad affrontare il magro lavoro che abbiamo oggigiorno.
    non c'è dubbio che lei abbia ragioni , e che il "suo" non-pensiero vada di moda nel nostro mondo occidentale. ma è l' unico possibile?
    con spirito critico, Mario.

  • Credo che il concetto espresso da Cinzia Sciuto sia razionale e sensato, adatto a un panorama in cui il rispetto per le altrui volontà sia la prima cosa da considerare quando si fanno le leggi.

  • buongiorno Cinzia, grazie per questo post "necessario". Sono d'accordo con molte delle cose che tu hai scritto, solo un punto mi resta molto difficile da dipanare. L'argomento che nessun nascituro ha, ha avuto o avrà mai voce in capitolo sulle condizioni della sua nascita non elide il fatto che nel caso in discussione si tratta di programmare deliberatamente una ferita: se non ci sono ancora abbastanza studi sui figli della surrogacy, le ricerche di psicologia evolutiva dicono molto sul rapporto che si crea durante la gravidanza, e le ferite indotte dalla separazione sono esaminate ampiamente nei bambini presi – anche molto presto – in adozione. Dunque, è plausibile che si andrebbero a mettere al mondo esseri umani con una ferita a priori. Su questo la legge non sarebbe forse chiamata a pronunciarsi?

  • Può darsi, caro Mario, che lei abbia ragione. Ma l'alternativa qual è? Di tutti i "mondi morali" che ci sono in circolazione quale facciamo diventare legge? Quello della maggioranza? Se vuole, le concedo che avere come faro l'autonomia di ciascuno è comunque un'assunzione morale. Ma, a differenza delle altre, è quella che consente a chiunque di "perseguire la felicità" come meglio crede. E non mi pare una differenza da poco.

  • Grazie a te, Laura. Questo é sicuramente il punto più delicato della questione, quello di cui varrebbe la pena occuparsi. Non però dalle inutili barricate dei divieti, che servono solo a lavarsi mani e coscienza, girandosi dall'altra parte.

  • Fai un ragionamento pacato ma profondamente errato. Non è una morale che si oppone alla gravidanza surrogata ma un elementare principio di giustizia.

  • Scusi Stefano, allora il fatto che lo Stato dia la possibilità di vendere e acquistare pacchetti di sigarette (che fanno male, aumentano la spesa pubblica in Sanità…) non è ingiusto?

  • È sicuramente un prezioso spunto di riflessione questo articolo, purtroppo continuo a rimanere molto confuso non riuscendo a trovare sostanziali differenze tra maternità surrogata e il commercio dei propri figli o dei propri organi.

  • # Si può ritenere … ma non per questo …

    il suo lungo elenco di frasi simil-aforismatiche, simpatico e condivisibile, dimostra chiaramente l'inconciliabilità tra quello che comunemente si ritiene morale e la funzione delle leggi di una società
    Senza voler scomodare Kant, “la morale” può essere considerata la summa di tutte le esperienze di un individuo esposto agli influssi del vivere civile, a cominciare dalle incerte “esperienze” della fase uterina, ed è giusto che non la si possa estrapolare e generalizzare
    ma “la legge” è un prodotto della convergenza di varie morali individuali, con tutte le limitazioni che i termini letteralmente comportano, che viene non suggerita ma imposta alla totalità dei cittadini i quali, inevitabilmente, applicheranno la “loro” morale nel giudicarla e nell'applicarla
    quando ci convinciamo che una legge sia sbagliata tocchiamo con mano la nostra “impotenza” perché risulta subito evidente che la nostra opinione non conta nulla
    non è al momento della “lettura” della legge che possiamo attribuirci un sia pur minimo “potere” decisionale ma, per quanto disperso come una goccia nel mare, al momento della scelta dei nostri rappresentanti da noi “abilitati” a formulare quelle leggi sulle quali doverosamente esercitiamo il nostro “potere” di critica
    a mio parere, è quello il momento in cui “morale” e “legge” possono momentaneamente coincidere
    l'augurio è che ce ne ricordiamo al “momento” opportuno, scegliendo liberamente di affidare la “nostra morale” a chi la possa valorizzare nella “sede” opportuna

  • Bellissimo articolo, che fa riflettere, ne condivido i principi, ma faccio una obiezione all'applicazione di tali principi al caso specifico. Fumare, essere fedeli, drogarsi, tatuarsi, unirsi a chi si vuole, rifarsi il naso, divorziare, scegliere di terminare la propria vita quando lo si ritiene giusto, sono tutti comportamenti che attengono alla sfera individuale, hanno conseguenze sulla stessa persona che li mette in atto. Separare un bambino da chi lo ha partorito, collocarlo presso altri, determinare condizioni per le quali non possa mai sapere chi lo ha generato, sono comportamenti che hanno conseguenze dirette su un'altra persona, il bambino. La domanda su cui mi concentro molto è se queste conseguenze siano configurabili come danni. Le mie conoscenze ed esperienze mi suggeriscono di sì. Su questo bisogna confrontarsi e dibattere, però mi sembra di poter affermare che la maternità surrogata, come altre pratiche (banca del seme, ad esempio), non sia configurabile come una scelta privata, ma come una condotta che alcuni individui (adulti) adottano in maniera diretta nei confronti di altri (bambini).

  • Certo questo è un ragionamento da tenere in considerazione. Ma butto là una provocazione: un genitore che fuma è vero che è responsabile della propria salute, ma indirettamente può essere responsabile anche di quella dei figli. Un bambino che vede i genitori fumare probabilmente riterrà questa pratica innocua o comunque applicabile anche a se stesso.

  • Marica, non so se rispondevi a me (se no, mi scuso per l'intrusione!), il distinguo sta, ritengo, tra condotte "nocive", da scoraggiare, ma non proibire (penso ai servizi e alle campagne sui vari temi di salute e di promozione sociale) e comportamenti che arrecano un vero e proprio "danno". Se dall'analisi di questo complicatissimo tema dovesse emergere che le conseguenze per i bambini sono "neutre" o "nocive", allora si tratterebbe solo di informare i genitori e metterli in guardia su come gestirle al meglio nel corso della crescita dei loro figli. Se le conseguenze dovessero essere configurabili come dei "danni", ritengo che i bambini andrebbero tutelati, come tutte le persone potenziali vittime di danni.

  • Sì, rispondevo a te Ilaria, anche se credo che il discorso interessi tutti. Quello che voglio dire, in termini più generici, è che ogni scelta che noi facciamo come genitori può mettere a repentaglio la salute fisica e psichica del bambino. Quindi come può esistere una legge che permette di fumare, addirittura acquistare sigarette che potenzialmente possono uccidere e invece una legge che permette a due persone di crescere un figlio, anche nato con la surrogata, viene vista come uno scandalo?

  • Aggiungo poi che la questione "maternità surrogata" sta prendendo piede proprio ultimamente, in seguito a ddl Cirinnà etc. Non è che dietro a questo sincronismo si nasconda solo omofobia?

  • L alternativa c è. O almeno vale la pena cercarla. Ed è a mio modesto parere è questa:gli intellettuali, i politici, i giornalisti,i filosofi,etc, invece che pensare solo a giustificare l esistente ,come di fondo suggerisce lei, il quale ha ancora come dicevo le storture che diceva pasolini,dovrebbe impiegare energie alla ricerca di questo senso,obiettivi, scopi,e quindi suggerirli,proporli, e dare motivazioni.
    Dibattere solamente sul "fai fare a chiunque come meglio crede" è la scatola.concordo che è meglio di una busta rotta.ma se non sappiamo come riempirla a cosa serve l una o l altra?lei che idee ha a proposito?
    Saluti.mario.

  • E' giusto porsi dei problemi, anche io me li pongo.
    Ma nella logica dubitativa del post originale e in quella ancor più spinta di qualche risposta (quelle tranchant evidentemente non interessano molto) si può tentare di introdurre il principio basilare della tolleranza, che recita: la mia libertà finisce dove inizia quella degli altri.
    Nel caso in oggetto, la perplessità è relativa al possibile sfruttamento di condizioni economiche disagiate (libertà economica) e della citata 'ferita' psicologica del nascituro (integrità psicologica).
    D'altra parte ciò è ancor più vero per il bambino dato in adozione dalla madre biologica alla nascita, che invece di un ambiente affettuoso si troverà a crescere in orfanotrofio.
    E nessuno impedisce alla madre single di portare a termine la gravidanza, anzi la legge e la morale maggioritaria privilegiano questa soluzione all'aborto (e con buone ragioni, a mio parere).
    La differenza è nell'incertezza dell'esito: un bimbo nato da gravidanza surrogata è progettato dall'inizio e va incontro ad un destino migliore (indubitabilmente, salvo l'adozione contestuale alla nascita, nel qual caso le condizioni sono pari).
    Allora il vero ostacolo, dettato dalle morale maggioritaria, è la coppia di genitori: infatti tutti i problemi che sono sorti erano in sordina quando a ricorrere alla maternità surrogata erano solo coppie uomo-donna.
    E' a questo punto che scattano le ombre nere dell'oscurantismo, partono a razzo i pregiudizi e i diktat religiosi e con motivazioni speciose parte il contrasto e la coercizione, e la violazione per legge della libertà individuale.

  • Mi permetto di dissentire . Il diritto (penale )rappresenta la soglia minima della moralità : chi non viola la legge penale non è un virtuoso è semplicemente un "non bruto". L'asticella della moralità è ben al di sopra della legge penale. Tra non uccidere e fare della carità c'è una bella differenza. Ciò detto la vittima di questa assurda proposta è innanzitutto la donna che si presta ad una pratica così disumana per necessità, come la prostituta ridotta in schiavitù. La donna fattrice che non può tirarsi indietro una volta pagata. Le conseguenze sono poi evidenti : utero in affitto, sperma selezionato, razzismo …..figli alti biondi con gli occhi azzurri alla Goebels.

  • bhe Marica non buttarla li' direi che stai centrando un nucleo cruciale della questione! Come si fa a non comprendere che si sta parlando di individui porca miseria! Di persone che quando cresceranno (e ora si cresce molto in fretta) si faranno domande pesantissime non tanto sull'amore che hanno ricevuto e ricevono ma sulla propria identita'! la costruzione dell' identita' personale ha i propri fondamenti sull'identificazione con i genitori! E quando qualcuno ti dice ma veramente chi ti ha creato e' qualcun altro che poi ti ha dato a me perche' ti volevo tanto" credo l'effetto sulla tua psiche non sia un giochetto da ragazzi. Io sono basita da come la questione si sposti sempre sui "diritti" e mai sulle cavolo di "responsabilita'"

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Chi sono

Sono caporedattrice di "MicroMega". Ho studiato filosofia e ho scritto "Non c'è fede che tenga. Manifesto laico contro il multiculturalismo" (Feltrinelli, 2018); "La Terra è rotonda. Kant, Kelsen e la prospettiva cosmopolitica" (Mimesis edizioni, 2015). Mi occupo principalmente di diritti civili, laicità e femminismo. Vivo a Francoforte sul Meno. Per contattarmi potete scrivere a cinziasciuto@animabella.it

Ich bin Journalistin und Autorin. Ich habe in Rom und Berlin Philosophie studiert und an der Sapienza Universität in Rom promoviert. Ich bin leitende Redakteurin bei der italienischen Zeitschrift für Philosophie und Politik „MicroMega“ und schreibe auch für einige deutschen Medien, u. a. "Die Tageszeitung" und "Faustkultur". Auf meinem Blog „animabella.it“ schreibe ich zu Säkularismus, Frauenrechten, Multikulturalismus und Fragen der Bioethik. Ich habe zwei Bücher geschrieben: "Die Fallen des Multikulturalismus. Laizität und Menschenrechte in einer vielfältigen Gesellschaft" (Rotpunktverlag, 2020; Originalausgabe auf Italienisch Feltrinelli 2018) und „La Terra è rotonda. Kant, Kelsen e la prospettiva cosmopolitica“ (Mimesis Edizioni, Milano 2015). Ich lebe mit meiner Familie in Frankfurt am Main.

Sie können mich unter dieser E-Mail erreichen: cinziasciuto@animabella.it