RAZZISMO SESSISMO

Montanelli e la sposa bambina

Quella che segue è la traduzione italiana di una segnalazione uscita su Newsmavens:

Fino a che punto il “contesto” (storico, sociale, culturale) può giustificare una violenza? E se in quel “contesto” una violenza non è affatto considerata tale, smette per questo stesso motivo di esserlo? Sono numerosi gli esempi di comportamenti che oggi consideriamo inaccettabili ma che erano non solo diffusi ma anche socialmente accettati in epoche passate.

La questione si è recentemente riproposta in Italia grazie a una azione dimostrativa che alcune femministe hanno condotto durante una delle manifestazioni dello scorso 8 marzo, imbrattando di vernice rosa (rigorosamente lavabile!) la statua di Indro Montanelli, notissimo giornalista italiano morto nel 2001. La contestazione delle donne fa riferimento a un episodio della vita di Montanelli che risale al 1936, anno in cui il giornalista era in Abissinia come sottotenente dell’esercito fascista e in cui sposò, comprandola dal padre, una bambina di 12 anni (secondo altre fonti la bambina avrebbe avuto 14 anni, ma la sostanza poco cambia). L’episodio fu raccontato da lui stesso molti anni dopo in diverse occasioni. In un’intervista del 1986 disse: “A dodici anni quelle lì erano già donne. l’avevo comprata a Saganeiti assieme a un cavallo e un fucile, tutto a 500 lire. (…) Era un animalino docile, io gli misi su un tucul con dei polli. E poi ogni quindici giorni mi raggiungeva dovunque fossi insieme alle mogli degli altri ascari“. In un’altra precedente, del 1969, sollecitato dalle domande di Elvira Banotti, aveva ammesso che in Europa lo avrebbe inteso come lo stupro di una bambina ma lì, in Africa, no.

Sono stati in molti a stigmatizzare l’azione delle donne, indignati per quell’oltraggio a un giornalista che negli ultimi anni della sua vita era diventato un paladino della lotta antiberlusconiana, una icona del giornalismo dalla schiena dritta. E c’è stato anche chi ha tirato in ballo l’argomento del “contesto”: “L’Africa e il mondo degli anni Trenta erano molto diversi da quello di oggi: era il democratico ad essere minoranza. In Abissinia ci si sposava normalmente a 14 anni perché l’aspettativa di vita era morire a trenta”, scrive Luca Telese, un giornalista che si dichiara “progressista, di sinistra” persino “educato da una madre femminista” in un articolo dall’emblematico titolo “In difesa dello ‘stupratore razzista Montanelli’”.

Ma se era (forse) “normale” all’epoca che le bambine venissero vendute a 12-14 anni per essere date in spose a uomini molto più grandi di loro, ciò significa che fosse anche giusto? O, ancora più precisamente, significa che noi non possiamo indignarci oggi per ciò che allora era normale? Non dovremmo dunque oggi indignarci per la schiavitù, che in epoche non troppo lontane dalla nostra era normalissima? Non si tratta qui di proiettare sul passato giudizi morali decontestualizzati ma di non utilizzare il passato come giustificazione dell’ingiustificabile. Che fosse normale o no, poco importa: noi oggi gettiamo un secchio di vernice rosa su quell’oltraggio alla dignità delle donne.

I FATTI:

  • lo scorso 8 marzo a Milano la statua del giornalista Indro Montanelli è stata imbrattata con vernice rosa, un’azione dimostrativa rivendicata da Non una di meno;
  • Indro Montanelli (1909-2001) è stato un noto giornalista italiano, famoso per il suo grande rigore professionale. Dopo essere stato a lungo direttore di “Il Giornale” di proprietà di Berlusconi, si dimise quando quest’ultimo entrò in politica;
  • Nel 1936 Montanelli si arruolò volontario nell’esercito e partecipò alla campagna di Abissinia. Lì, per sua stessa ammissione, sposò una bambina di 12 (o 14 anni, l’età precisa non è stata mai chiarita) comprandola dal padre;
  • Fu un episodio che Montanelli raccontò personalmente molti anni dopo in diverse interviste, non mostrando mai segni di pentimento e ricorrendo sempre all’argomento del contesto per giustificarlo.

1 Comment

  • La vernice rossa (lavabile) sulla statua di Montanelli sta a significare l’evoluzione positiva dei nostri costumi, alla luce dei cambiamenti storici in questi decenni. Giusto proseguire con l’affermazione di questa cultura, che penso ancora non conclusiva, sul terreno della parità e della realizzazione. Non indignamoci troppo per il defunto Montanelli, che ha dato anche tanto di positivo alla nostra società, ma portiamo avanti il discorso femminista (o femminile, mi suona meglio), perché tanti uomini ancora, a cominciare dal nostro paese, sono fermi all’idea del possesso e del cosiddetto “onore”. La strada è ancora lunga.

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Chi sono

Sono caporedattrice di "MicroMega". Ho studiato filosofia e ho scritto "Non c'è fede che tenga. Manifesto laico contro il multiculturalismo" (Feltrinelli, 2018); "La Terra è rotonda. Kant, Kelsen e la prospettiva cosmopolitica" (Mimesis edizioni, 2015). Mi occupo principalmente di diritti civili, laicità e femminismo. Vivo a Francoforte sul Meno. Per contattarmi potete scrivere a cinziasciuto@animabella.it

Ich bin Journalistin und Autorin. Ich habe in Rom und Berlin Philosophie studiert und an der Sapienza Universität in Rom promoviert. Ich bin leitende Redakteurin bei der italienischen Zeitschrift für Philosophie und Politik „MicroMega“ und schreibe auch für einige deutschen Medien, u. a. "Die Tageszeitung" und "Faustkultur". Auf meinem Blog „animabella.it“ schreibe ich zu Säkularismus, Frauenrechten, Multikulturalismus und Fragen der Bioethik. Ich habe zwei Bücher geschrieben: "Die Fallen des Multikulturalismus. Laizität und Menschenrechte in einer vielfältigen Gesellschaft" (Rotpunktverlag, 2020; Originalausgabe auf Italienisch Feltrinelli 2018) und „La Terra è rotonda. Kant, Kelsen e la prospettiva cosmopolitica“ (Mimesis Edizioni, Milano 2015). Ich lebe mit meiner Familie in Frankfurt am Main.

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